"Non cresciamo in modo assoluto, cronologicamente.
A volte cresciamo in una dimensione, e non in un'altra, in modo non uniforme. Cresciamo parzialmente.
Siamo relativi. Siamo maturi in un regno, infantili in un altro.
Il passato, il presente e il futuro si mescolano e ci spingono avanti e indietro o ci riparano nel presente. Siamo fatti di strati, cellule, costellazioni."
The Diary of Anaïs Nin Vol. 4 (1971); citato nel Journal of Phenomenological Psychology Vol. 15 (1984)
La frase di Anais Nin è straordinariamente emblematica, perché inquadra con precisione e poesia la ricchezza che è propria di tutte le persone, fatta di
vissuti individuali, che raccontano una storia: la nostra.
Ognuno di noi ha conservato una parte bambina. A volte quella parte ci avvantaggia rispetto agli altri. A volte non ci fa crescere e fa di noi un "adulto a metà".
Il potenziale rimane, ma non sappiamo come tirarlo fuori. Si può sempre uscire fuori da questa gabbia, ma quando non ci si sente pienamente realizzati, quando assumiamo comportamenti che ci danneggiano e che danneggiano le persone che amiamo, bisogna avere il coraggio di chiedere aiuto.
L'adulto immaturo ha la stessa intelligenza e le stesse potenzialità di un adulto maturo, ma spesso non è in grado di far emergere queste capacità a causa di comportamenti immaturi consolidati nel tempo.
Per capire meglio di cosa si sta parlando, ci sono adulti intelligenti e professionalmente capaci che tornano bambini, incapaci di inibire comportamenti inappropriati per un adulto, ogni volta che si trovano seduti sulla poltrona del dentista.
Si tratta di comportamenti regressivi, che forse troverebbero una migliore dimensione descrittiva nell'aggettivo "immaturi".
STI.M.A Training© Adulti è in grado di aiutare tutti coloro che si identificano in questa descrizione generica, che vivono silenziosamente un disagio costante e che cristallizzano la propria esistenza in una "gabbia comportamentale", prigionieri dei propri limiti, sociali ed emotivi che diventano sempre più invalicabili.
Quando il percorso evolutivo di un bambino è segnato da una mancata integrazione dei riflessi primitivi o da insufficienti stimolazioni sensomotorie o da
una scarsa comunicazione inter-emisferica, oppure quando non si sono create le condizioni per un'adeguata autoregolazione del suo tono vagale, o ancora nel
caso in cui si sia realizzato un concorso delle succitate cause che hanno determinato un ritardo nello sviluppo, il cammino verso l'adolescenza ne risulta fortemente condizionato.
Se non si sono modificate le condizioni di partenza, anche la transizione verso l'età adulta risulterà difficile e sarà sempre segnata da una condizione più o meno marcata di immaturità.
Le difficoltà pregresse vengono mascherate dalle abilità compensatorie di natura prevalentemente comportamentale, gestite a volte in modo anche raffinato e
comunque con l'intelligenza e l'esperienza di un adulto.
Le strategie apprese nel tempo per gestire una sorta di autodifesa consentono di "sopravvivere" senza dover rendere conto del propro agìto e senza dare troppo nell'occhio.
Ma il disagio rimane, verso se stessi e verso gli altri.
Peter Blythe e David McGlown, (1), già nel 1979 sostenevano che: "..questi pazienti hanno dato prova nel tempo di non rispondere adeguatamente alle terapie di scelta, che siano chemioterapiche o psicoterapiche, poichè come dimostrato dal nostro lavoro, la sottostante menomazione neurologica puo' spesso essere di impedimento nel ripristino di un adeguato o completo funzionamento emozionale ."
Già nel 1968 si parlava di Minimal Brain Dysfunction, (MBD, Disfunzione Cerebrale Minore), una sorta di "malessere disfunzionale" caratterizzato da personalità labili e caratteriali, che potevano a volte manifestare forme di isterismo e tratti sociopatici, che trovavano sviluppo nell'adolescenza, senza risolversi nell'età adulta.
Intorno alla metà degli anni '50 fu riconosciuta la relazione inossidabile tra una varietà di problemi emozionali e comportamentali dell'infanzia e la condizione psichica degli adulti, (3). Verso la metà degli anni '60, gli studi di follow-up a lungo termine su bambini definiti come ipercinetici o con danni cerebrali minimi hanno dimostrato che questi bambini avevano superato alcuni dei loro problemi sintomatici, (2).
Si sospettava che quando i bambini venivano definiti ipercinetici, crescendo diventavano meno impulsivi e iperattivi ma rimanevano più distratti, irrequieti, emotivamente immaturi e aggressivi di altri. Verso la metà degli anni ottanta sono stati pubblicati oltre 30 studi prospettici e retrospettivi che affrontano la persistenza del disturbo da deficit dell'attenzione nell'età adulta, (3).
Nel 1976 Mann e Greenspan parlarono di Adult Brain Dysfunction come il risultato post adolescenziale della presenza di un disturbo neurologico, (4).
Fino a che nel 1979, Peter Blythe e David McGlown, (1), la definirono ORGANIC BRAIN DYSFUNCTION, (OBD), individuando nella persistenza o nella mancata integrazione dei riflessi primitivi e la loro conseguente trasformazione durante il processo maturativo, la causa del problema e dimostrando la possibilità di individuare,misurare, e soprattutto porre rimedio a qualsiasi età.
Purtroppo, una tale convinzione non ha avuto poi un seguito scientifico tale da supportarne il riconoscimento, ma molte nuove scoperte legate alla neurologia e alle neuroscienze cominciano oggi a confermarne la possibile veridicità.
Nell'adulto c'è una scarsa percezione o una totale inconsapevolezza della propria condizione di immaturità, ma esiste un manifesto disagio emotivo e relazionale.
Sono molteplici le forme di immaturità dell'adulto. Ognuna di esse ha la medesima matrice che si identifica con l'incompleta maturazione del tronco encefalico, ossia di quella regione cerebrale che condividiamo con i mammiferi e che è responsabile del nostro istinto di sopravvivenza e dei complessi meccanismi che lo governano e che lo inducono a prevalere prioritariamente sul ragionamento che è frutto del lavoro delle aree corticali superiori ed è espressione distintiva dell'essere umano sul resto delle specie animali.
COMPORTAMENTI EVITANTI
La principale modalità comportamentale compensatoria, ritenuta accettabile a livello sociale e che passa spesso inosservata è l'EVITAMENTO.
Un modo semplice ed efficace per superare gli ostacoli è...non affrontarli.
Si possono utilizzare scuse, anche plausibili, o comportamenti paradossi o eccessivi, ma tutti i comportamenti di questo genere condividono la stessa matrice strutturale: evitare di trovarsi in una determinata situazione che fa paura, che crea ansia perché ha causato insuccesso nel tentativo di affrontarla, o perché si è sempre ritenuto di non essere in grado di affrontarla. Lo stesso vale per la mancanza di assertività, (5).
Gli adulti che si arrendono rapidamente e manifestano sempre scuse riflettono la presenza di una condizione di immaturità.
PAURA DI PARLARE IN PUBBLICO: GLOSSOFOBIA.
Per esempio, aver paura di parlare in pubblico è un problema diffuso che prende il nome di GLOSSOFOBIA.
In alcuni casi può causare una prevalenza del sistema simpatico con secchezza delle fauci, dilatazione delle pupille, nausea e vomito, disfonia o afonia
accompagnate a volte dall'aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca.
A volte il disturbo si manifesta con severità giungendo a portare il soggetto a soffrire di attacchi di panico.
Queste manifestazioni possono essere collegate ad una condizione di persistenza del riflesso della paura paralizzante, (fear paralizing reflex), descritto da Kaada, (6).
Esistono altre importanti manifestazioni che connotano le singolarità comportamentali dell'adulto "immaturo".
COMPORTAMENTI INAPPROPRIATI IN PUBBLICO
Le persone dotate di una scarsa propriocezione, (insieme delle funzioni che controllano la posizione e il movimento del corpo, attraverso le informazioni rilevate dai recettori periferici, cioè dai propriocettori. Servono anche a garantire il mantenimento di una corretta postura e a contrastare la forza di gravità), non hanno un senso innato di controllo dei confini spaziali in relazione ad altre persone o agli oggetti.
Si tratta di persone che cercano il contatto fisico sia con gli oggetti, (toccano tutto), che con le persone con cui si relazionano.
Possono avere comportamenti considerati socialmente inappropriati e sentono la necessità di avvicinarsi in modo eccessivo alle persone con cui parlano.
Si sentono liberi di toccarle o di spingerle anche bonariamente per richiamare la loro attenzione, senza accorgersi che potrebbe essere un comportamento sgradito all'interlocutore.
Si tratta di problematiche legate alla prossemica * che spesso sconfinano in comportamenti non solo fisici ma relazionali, socialmente inappropriati, (7, 8, 9).
Per esempio, queste persone possono parlare ad alta voce e con chiunque o al cellulare, di fatti privati o di informazioni riservate senza averne contezza.
Spesso, anche il volume della voce risulta elevato e pervasivo sulle voci degli altri. Anche "il farsi sentire" in modo eccessivo è un problema di disregolazione prossemica .
STATO ANSIOSO GENERALIZZATO E INCAPACITA' DI PRENDERE DECISIONI
Secondo Melanie Klein, l’ansia nasce dall’esigenza di tenere al di fuori della coscienza pensieri e ricordi negativi, legati al periodo dell'infanzia, (10).
L'incapacità di gestire le situazioni impreviste o associate a ricordi negativi, anche infantili, di paure scaturite dal dolore fisico, o dalla convinzione di non essere in grado di affrontare determinate situazioni, ingigantendole, sono manifestazioni correlabili all'ansia.
L'ansia viene spesso confusa con la paura. Il sistema della paura secondo Panksepp, (11), ci permette di anticipare le situazioni soggette a pericolo o al dolore fisico e morale.
In tutti i mammiferi il sistema della paura può trasformarsi creando comportamenti cronici di ansia, evitamento, congelamento e fuga.
Dal punto di vista comportamentale, alcuni soggetti possono presentare sia comportamenti non adattivi, di fuga o evitamento della fonte dell'ansia.
L'ansia risulta fortemente presente nei soggetti con una personalità debole, più vulnerabili agli stimoli ambientali o più inclini ad assecondare il volere degli altri.
In questo modo si diventa incapaci di operare delle scelte che scaturiscano dalle proprie convinzioni innescando un circolo vizioso legato all'insicurezza esistenziale percepita come un problema e non come un opportunità di scoperta e di comprensione del mondo o di raggiungimento di obiettivi mirati per una sana crescita personale.
Questo status determina una sorta di gabbia comportamentale che puo' condizionare l'intera esistenza del soggetto che ne è portatore.
Anche se supportato da rassicurazioni, tenderà a metterle continuamente in discussione, senza riuscire a superare i problemi in modo definitivo.
Blomberg sostiene che questa tipologia comportamentale possa essere influenzata dall'immaturità del sistema limbico, motivata dalla persistenza di due riflessi primitivi:
il riflesso della paura paralizzante e il riflesso di Moro.
In particolare sostiene che: "Certi bambini possono sviluppare un'inabilità ad essere assertivi destinata a durare tutta la vita: quando diventano più grandi gli puo' risultare difficile dire di no e talvolta hanno un bisogno compulsivo di compiacere gli altri.", (12).
REAZIONI IMPULSIVE E "ROAD RAGE"
Il comportamento aggressivo nel traffico è un fenomeno molto diffuso. Fino al 90% della popolazione è coinvolta in forme lievi come gridare o gesticolare, (13).
La rabbia improvvisa e le reazioni esagerate rispetto allo stimolo ricevuto sono un problema legato ad uno scarso sviluppo delle funzioni esecutive.
E' spesso associato ad eccessi comportamentali e a volte all'uso di sostanze che producono stati di dipendenza.
La rabbia scaricata al volante è una forma particolare di impulsività che si sviluppa all'interno dell'abitacolo di una vettura.
A volte è foriera di reazioni violente generalmente verbali, e a volte anche fisiche.
Anche questo comportamento è legato ad una disorganizzazione sensoriale spesso prodotta da molteplici fattori concomitanti.
L'improvvisa reazione di paura legata ad un pericolo stradale imminente o al suono di un clackson inatteso sono in grado di far scattare meccanismi di sopravvivenza in soggetti privi di un'adeguata autoregolazione.
Ledoux, (14), sostiene che in funzione di uno stimolo, (una frenata o un incidente stradale per esempio), il cervello risponde attraverso una via “alta”, corticale (più lenta e che implica consapevolezza), o una via “bassa”, sottocorticale (più veloce ed inconsapevole).
La strada alta porta dal talamo sensoriale alla corteccia sensoriale (qui lo stimolo viene elaborato) e poi all’amigdala.
La strada bassa invece porta direttamente le informazioni dal talamo sensoriale all’amigdala. La strada bassa, essendo più veloce, prevale su quella alta: questo implica che la paura può non passare per la corteccia e quindi per l’elaborazione cosciente.
Questo spiegherebbe perché molte persone fobiche, consapevoli di essere vittime di una paura irrazionale non riescono a calmarsi.
Secondo Ledoux, (15), nella paura è fondamentale il ruolo dell’amigdala, (e non di tutto il circuito limbico, come si pensava precedentemente: il circuito limbico, ed in particolare l’ippocampo, svolgono un ruolo importante nella memoria).
A conferma di ciò le ricerche più recenti hanno dimostrato che negli esseri umani la stimolazione dell’amigdala comporta sensazioni di paura e di pericolo
imminente e che senza amigdala non c’è percezione della paura.
Dr. Enrico Antonucci Ferrara - Tutti i diritti riservati - Patamu 2019
LEGENDA * Prossemica- Da proxemics, derivato di proximity, "prossimità".
E' un termine che è stato introdotto dall'antropologo americano E. Hall negli anni Sessanta che definisce lo studio della distanza interpersonale e del suo significato nelle diverse culture.
BIBLIOGRAFIA
1) Blythe P., McGlown D. Organic Basis for Neuroses and Educational Difficulties.
A new look at the old Minimal Brain Disfunction Syndrome. 1979; Insight Publications, Chester - England.
2) Hartocollis, P. (1968). The syndrome of minimal brain dysfunction in young adult patients. Bulletin of the Menninger Clinic, 32(2), 102-114.
3) Goldstein, S., Crawford R. Managing Attention and Learning Disorders in Late Adolescence and Adulthood. New York: Wiley, 1997.
4) Mann, H.B. and Greenspan, S.I. The identification and treatment of adult brain dysfunction. American Journal of Psychiatry, 133(9):1013-1017, 1976.
5) Blomberg H., Dempsey M. Movements that heals. (2011). BookPal: Sunnybank Hills, QLD, Australia.
6) B. Kaada.The sudden infant death syndrome induced by ‘the fear paralysis reflex’? Med. Hyp.Vol.22, Issue 4,April 1987, Pages 347-356.
7) Kennedy DP, Gläscher J, Tyszka JM, Adolphs R (2009) Personal space regulation by the human amygdala. Nat Neurosci 12(10):1226–1227.
8) Irish JE (2013) Can I sit here? A review of the literature supporting the use of single-user virtual environments to help adolescents with autism learn appropriate social communication skills. Comput Human Behav 29(5):A17–A24.
9) Perry A, Levy-Gigi E, Richter-Levin G, Shamay-Tsoory SG (2015) Interpersonal distance and social anxiety in autistic spectrum disorders: a behavioral
and ERP study. Soc Neurosci 10(4):354–365.
10) Klein Melanie “Alcune conclusioni teoriche sulla vita emotiva del Bambino nella prima infanzia” in Scritti,Bollati Boringhieri, 1978.
11) Panksepp J, Biven L. The Archaeology of Mind. Neuroevolutionary Origins of Human Emotions. Norton & Co.(2012).
12) Blomberg H. The Rhythmic Movement Method: A Revolutionary Approach to Improved Health and Well-Being.(2015) Lulu Publishining Services.
13) Pfeiffer J, Pueschel K., Seifert D. Interpersonal violence in road rage. Cases from the Medico-Legal Center for Victims of Violence in Hamburg. J
Forensic Leg. Med. 2016 Apr; 39:42-5.
14) Ledoux J.Il cervello emotivo: alle origini delle emozioni.(2003). Milano: Baldini & Castoldi Dalai.
15) Ledoux J. L'ansia.Come il cervello ci aiuta a capirla.(2015). Milano. Raffaello Cortina Editore.
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